Douglas Kennedy: “Sono uno scrittore schizzofrenico”
Invitato dal Monaco Press Club, lo scrittore americano tra i più amati dai francesi, Douglas Harriman Kennedy, si racconta ai microfoni di Joelle Deviras alla vigilia della “notte bianca dei libri” organizzata dal Comune di Cap d’Ail
Non poteva esserci luogo migliore per un appuntamento così elegante e sorprendente! La “Nuit Blanche des Livres” tenutasi nel pomeriggio del 21 maggio 2022, presso la Villa Les Camélias di Cap d’Ail – dove è in corso anche una mostra dell’artista Corinne Chauvet, fino al 30 settembre – è stato teatro di una premier per iniziativa del Monaco Press Club che si è concesso l’onore di organizzare in esclusiva l’intervista allo scrittore Douglas Kennedy, decimo figlio Robert F. Kennedy, nato l’anno precedente all’assassinio del padre. “Ma chi non ha problemi in famiglia?’ debutta lo scrittore per rompere il ghiaccio. Che poi, con il suo francese corretto ma impastato (parla con il classico accento americano) non ha perso tempo ad ammettere di essere fortunato a vivere del proprio mestiere, che svolge con successo dal 1984. Globetrotter, abita con la famiglia – ed un entusiasmo – nel 10° Arrondissement a Parigi, in un appartamento acquistato quanto questo quartiere non era particolarmente raccomandabile, ma ha anche appoggi stabili anche in Germania ed in America, dove si reca spesso per lavoro.
Le sue ispirazioni arrivano dalla vita comune, dalle testimonianze della gente che incontra. Le loro storie lo convincono a raccontare con naturalezza episodi romanzati, benché si definisca uno scrittore ‘schizofrenico’ per non avere una vera e propria identità narrativa che lo contraddistingua. Kennedy è un divoratore di libri, ‘ma di carta’ perché adora avere biblioteche piene di volumi. Mai banale, del suo ultimo thriller in realtà ha svelato ben poco, più interessato a rispondere con garbo ed ironia alle domande incalzanti della giornalista. Divertito di come certi altri autori siano concentrati sul proprio ‘ombellico’ anziché guardarsi attorno per trovare ispirazione, Kennedy ricorda il talento di Flaubert, specificando con una certa nostalgia i tempi in cui, comparsa la macchina da scrivere, i conservatori muovevano l’obiezione che chi se ne serviva non fosse un vero scrittore. Il suo segreto, dice di spiegarlo ogni volta che glielo chiedono, è quello di produrre almeno due pagine al giorno, 1500 battute, e farlo ovunque si trovi. Dall’ aeroporto di Nizza, dove è atterrato, al suo hotel, Kennedy svela infatti di non aver perso tempo: “Ma sempre ascoltando musica, perché mi aiuta a concentrarmi”. E così, tra citazioni colte “La celebrità è una maschera che divora il viso”, qualche affermazione amena “leggo almeno 5 giornali al giorno” e qualcuna più impegnata “Sono un convinto femminista”, Kennedy si svela come uomo critico, felice del fatto che in Francia abbia avuto gran successo successo, per quanto, aggiunge, “del resto nel paese di Moliere si legge tre volte di più che la sua terra natale”. Preoccupato per le future generazioni e dei rapporti sociali, soprattutto quando osserva le coppie al ristorante “che mangiano guardano sempre lo schermo dei loro smartphone” Kennedy è un uomo che vive il suo tempo, con uno sguardo nostalgico passato, soprattutto quando riferisce che a Manhattan, delle 20 librerie presenti negli anni ’80, adesso se ne contano solo 5 indipendenti. Il bello ed il brutto di Amazon, dice, osservando soddisfatto la platea che per un’ora lo ha ascoltato, lasciandosi rapire dal suo eloquio. “Scrivo in inglese però, è la mia lingua” confessa a pochi minuti dal finale a cui è seguita una sessione di firme sul suo ultimo volume, Les Hommes ont peur de la lumière, andato esaurito in pochi minuti.
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