Testimonianze dal Principato di Monaco: il confinamento di Gaia

Il confinamento e la pandemia #Covid19: come ha vissuto il lockdown una giovane studentessa da poco maggiorenne, trasferita a Parigi dopo aver trascorso tutta la sua vita nel Principato di Monaco, dove vivono i suoi genitori ed il fratello minore? Per saperlo lo abbiamo chiesto proprio a lei, Gaia Olivieri, che ci regala questa testimonianza che parte da giovedì 12 Marzo 2020 ai giorni nostri.

Era solo questione di tempo. Dopo gli annunci dell’aumento progressivo dei malati di Covid19, arriva anche da noi la notizia bomba: un insegnante
della Sorbona ha contratto il virus e la conseguenza ovvia è stata la chiusura immediata del centro d’insegnamento Tolbiac. Tra scandali mediatici, mail della presidenza dell’università poco chiare mandate a noi studenti all’ultimo momento, già sapevo che purtroppo, anche qui, stavamo vivendo gli ultimi momenti di pseudonormalità. L’indomani ho comune frequentato quelle che sarebbero state le mie ultime lezioni, un po’ per salutare tutti, un po’ per approfittare di quello scampolo di vita parigina
che avevo a disposizione. Poi la notizia arrivata per sempre per email: l’intera università a fine giornata avrebbe chiuso le sue porte. Sono stata brava però a mantenere la calma che mi sono imposta con un’ultima visita al museo, l’ultimo fast food ed infine i saluti ai miei colleghi di corso. Chissà quando ci saremmo rivisti tutti. Mi sono ritrovata sul primo aereo del sabato mattina di quella strana settimana: destinazione di Nizza. E così, il 16 Marzo il lockdown l’ho vissuto da qui, a casa mia, nel Principato di Monaco. Avevo pensato ingenuamente che questo momento non sarebbe mai arrivato ed invece, in camera mia, mi ritrovo a scontare il mio autoconfinamento, 14 lunghi giorni imposti e rispettati dalla mia famiglia. Passata quella, sono sempre a casa con una sola voglia: tornare da dove ero venuta e riprendere possesso della mia vita in mano. Inizialmente ho impiegato il tempo ad inviare la mia candidatura alle università di Parigi, in quanto il mio cursus attuale era abbastanza limitante, avevo voglia di provare altro. Dopo settimane di silenzio sono arrivate delle direttive della Sorbona, tra le quali la non consegna dei voti del primo semestre e qualche compito facoltativo, che per uccidere la noia ho svolto con passione. Purtroppo, o per fortuna dovrei dire, la continuità pedagogica si fermava qui. Ogni tanto qualche insegnante ci inviava qualche riga di appunti, ma niente video-lezioni, niente di concreto, per quanto sapevo benissimo che non sarei stata al gioco se ci fossero state. Le mie giornate, che avevo l’impressione non finissero mai, erano più che monotone: passavo il mio tempo tra il dormire, per recuperare le nottate trascorse a Parigi, nutrirmi e aspettare che fosse l’ora di mangiare di nuovo. Poi messa un po’ alle strette dai miei genitori ho cominciato ad occuparmi come potevo. Ho ricominciato a disegnare, aiutavo qualche volta mio fratello con i compiti, ho riorganizzato la camera, i vestiti ed il desktop del computer. Anche qui, niente di concreto ma sinceramente non me la sentivo di fare molto altro. Sono arrivate poi – incredibile no? – le tanto attese vacanze scolastiche e, contemporaneamente, gli esiti positivi per le università per le quali avevo sottoposto la mia candidatura. In quel periodo ho trascorso del tempo, il pomeriggio di solito, in cucina, con mia madre, anche solo a guardare e chiacchierare. Devo ammettere però che la cucina mi ha sempre attirata poco anche per la sola idea di sporcarmi le mani. Il sabato, ho fatto jogging con mio padre, a poca distanza da casa. Devo dire che poco a poco il mio umore è migliorato, anche perché ho finalmente decisione sui miei prossimi impegni universitari. E mi è pure tornata la voglia di fare delle cose convivendo con la situazione attuale. Mi impegno anche di più nel progetto iniziato a gennaio con un gruppo di colleghi di università. Si tratta di una associazione cinematografica, Spectres: malgrado qualche incomprensione siamo comunque riusciti a fare avanzare il programma collegandoci, soprattutto via una miniserie di video.

Tra questi il Projet Apocalypse. Ho girato le sequenze di una Monaco insolita, quando uscivo a fare ginnastica (questo il link per vederlo). Durante tutto questo tempo in confinamento, ho scoperto che non posso fare a meno di essere idealista. Infatti, ad ogni allocuzione del presidente Macron speravo di sentire l’annuncio di come poter ritornare alla normalità. Essa però si concludeva sistematicamente con un misero +15, come se stessimo giocando con le carte di Uno. Mi rendo conto solo ora che molto probabilmente la nostra vita di prima sarà solo un ricordo almeno per i prossimi mesi. Questo tempo sospeso, non ancora giunto al termine, mi ha portata a sviluppare tutta una serie di riflessioni: a volte è essenziale ricentrarsi su sé stessi. Pertanto ho deciso che lo farò più spesso, così come ho capito di non dover più perdere tempo con quelle persone che definendosi “amici” non hanno cercato di mantenere un legame, anche solo di tanto in tanto, per aver notizie durante questi momenti. Dove però c’era ben poco da fare. D’altra parte sono anche stata contenta di aver legato di più con altri coetanei e trascorrere del tempo serenamente, a casa, in famiglia, al contrario di quello che è avvenuto durante il liceo. Ma volete sapere la verità? Onestamente non ho idea della prima cosa che farò appena ci sarà il deconfinamento. Credo sia meglio prepararmi per vivere questa nuova, inedita sensazione…

QE MAGAZINE 2020 #16

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