PHAM Monaco: riflessioni post Covid19

Mentre il post-confinamento ha permesso al Principato di Monaco di aprire lo scorso 2 giugno tutti gli esercizi commerciali invitati a rispettare nuovi codici di condotta in grado di tutelare la salute degli avventori e degli stessi titolari, e l’Italia, oggi, a consentire il traversamento dei suoi confini geografici, la Francia entra nella fase 3, permettendo a tutti i suoi cittadini di circolare liberamente nel Paese, in attesa del termine del lockdown previsto il 15 giugno. Un disallineamento tra membri dell’Unione che creerà non pochi problemi – un individuo che proviene da Monaco o dalla Francia, per rientrare, dovrà ancora avere un certificato che giustifichi lo spostamento, n.d.r. – ma che è occasione per il Presidente dell’associazione PHAM Monaco, il dott. Gianvittorio Tommasi, di fare il punto con i nostro lettori su come questa Pandemia #Covid19 abbia rimesso in gioco tutta una serie di certezze e valori che potrebbero, se lo hanno già fatto, cambiare il nostro modo di vivere in futuro.

“In questa fase interlocutoria della vicenda COVID19, desidero riflettere insieme a voi su alcuni punti che mi sembrano cruciali, per il presente ma anche per eventuali future situazioni similari. Lungi da me la presunzione di averne qualsivoglia verità da dimostrare. Al contrario, dichiaro senza imbarazzo di avere al riguardo poche certezze. Mi consola il fatto che in queste settimane, soprattutto alla televisione, abbiamo conosciuto eserciti di supposti ben informati, esperti e sapienti di ogni ordine e grado, prodighi di postulati e assiomi validi il lunedì ma clamorosamente smentiti qualche giorno più tardi. Più semplicemente condividere con voi ciò che mi ha fatto riflettere di più. Per cominciare, una Società occidentale e ricca ha riscoperto la fragilità e la morte. Abbiamo avuto modo di scoprire o di riscoprire che la variable Tempo, inteso soprattutto come Tempo interiore, viaggia spesso su binari diversi rispetto al tempo scandito dall’orologio.

Che anche la variabile Spazio, intesa come spazio del vivere, del viaggiare, etc. poco ha a che fare con lo Spazio dell’esistere, del pensare, del condividere. Abbiamo forse compreso che il ‘ virtuale’ , se usato al nostro servizio, ci aiuta a ma che dopo un po’ ci annoia, in quanto per fortuna siamo ‘reali’ e quindi abbiamo bisogno di tutti I nostri sensi attivati per esistere. Ci siamo ricordati che gli “invisibili”, ovvero gli anziani soli a casa o nelle Case di Riposo, esistono e che siamo noi che non li vediamo e non loro che si nascondono. Di fronte a morti e sepolture o cremazioni ai limiti dell’anonimato, ci è tornata in mente la foscoliana e ‘celeste corrispondenza d’amorosi sensi’ che lega misteriosamente l’estinto e I suoi cari, rendendo il ‘sonno della morte men duro’. Forse abbiamo capito che globalizzazione non vuol dire abdicare, svendere, subappaltare, bensì cercare di scambiarsi il meglio, restando autonomi e non legati a film doppio alla logica del profitto. Queste settimane ci hanno probabilmente fatto vedere sotto una Luce diversa certi eccessi sperequativi aberranti, in termini di priorità sociali, di rispetto del lavorando, di logica remunerativa. Dire che il Mondo cambierà, che niente sarà più come prima mi sembra, a dire il vero, assai poco interessante. Sarebbe già molto, a mio avviso, se la memoria, personale e collettiva, non facesse cilecca, tradendo aspettative e speranze: probabilmente potrebbe essere il miglior modo di proteggere i vivi rispettando i morti.

QE MAGAZINE 2020 #20

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