Su QE-MAGAZINE oggi parliamo di…longevità!

Avete presente la nostra rubrica BENESSERE E PREVENZIONE animata mensilmente sullo sfogliabile digitale QE-MAGAZINE ad opera della dott.ssa Roberta Ficacci Zampino? Ebbene, data l’imminenza dell’evento che la nostra ci ha raccontato, abbiamo deciso di pubblicare qui l’ultima lettera e la relativa risposta. Buona lettura

Come dicevamo, questa volta la dott.ssa Roberta Ficacci Zampino, coach bien-etre nel Principato di Monaco ha risposto ad un lettore che chiede quale sia il modo migliore per vivere più a lungo e in buona salute.

Cara Roberta,

ho 75 anni, sono rimasto vedovo da due anni e, dopo una vita trascorsa insieme alla compagna della mia vita, morta tragicamente in un incidente automobilistico, non riesco ad avere più passione ed interesse per nulla. Insieme a mia moglie avevamo uno stile di vita abbastanza sano, forse un po’ sedentari e in sovrappeso visto che condividevamo la passione per la buona cucina. Assumo regolarmente solo farmaci ipertensivi, per un breve periodo anche antidepressivi. Ho paura di ammalarmi, anche perché vedo intorno a me persone anziane, piene di acciacchi, con una qualità di vita davvero difficile. Si parla tanto di prevenzione a tutte le età, cosa pensi che potrei iniziare a fare alla mia età per affrontare al meglio l’avanzare degli anni? Firmato Rodolfo

Caro Rodolfo,

la longevità non è un dono di natura ma si conquista passo dopo passo, proprio come si conquista il traguardo alla fine di una corsa. La salute, presupposto fondamentale per la longevità, si basa su tre fattori principali: corretta alimentazione, sport e prevenzione, quasi una formula magica per invecchiare bene e in salute. Le basi per una buona salute si costruiscono fin dai primi anni di vita, con sane abitudini alimentari, corretti stili di vita, e buoni esempi da parte degli adulti per i giovani, premesse per poter parlare di longevità. Perché queste non rimangano solo parole ti parlerò di un’iniziativa, che di recente si è svolta in varie località del nostro Paese, per informare come mantenere un equilibrio di salute, condizione necessaria per la longevità. Una equipe, formata da medici del Policlinico A. Gemelli e da ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha realizzato il progetto “Longevity Run”, per sensibilizzare i cittadini ad assumere stili di vita salutari ed incoraggiare la prevenzione cardiovascolare.

La prima tappa della Longevity Run summer edition 2022, ha visto l’evento di sensibilizzazione per uno stile di vita sano e attivo promosso dalla Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs insieme alla Apt locale, che si è svolto il 2 e il 3 agosto a Madonna di Campiglio. Sono stati effettuati check up gratuiti da parte del team di medici e operatori sanitari del Policlinico Gemelli, coordinati da Francesco Landi, ordinario di Medicina interna presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica e direttore della Uoc Medicina interna geriatrica della Fondazione Gemelli Irccs.

La tappa successiva del progetto Longevity Run si è svolta a Roma il 15 e il 16 ottobre nella cornice del Circo Massimo, con un ricco programma informativo e l’opportunità di fare check-up di prevenzione nelle strutture a ciò adibite, con una giornata che è culminata con un allenamento collettivo di corsa. Lo scopo primario è stato di sottolineare l’importanza della prevenzione cardiovascolare e degli stili di vita salutari mirati a migliorare la salute. E’ormai un dato acquisito scientificamente che per ridurre il rischio di malattia cardiovascolare si consiglia di svolgere un’attività fisica moderata, per esempio camminare, per almeno 30 minuti al giorno per cinque giorni alla settimana. Non è mai troppo tardi per cominciare a muoversi. Il progetto Longevity Run mira proprio a questa importante presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica e per tutte le fasce d’età. L’Italia è purtroppo uno dei paesi d’Europa con il più alto tasso di obesità infantile: secondo l’ultimo rapporto OKkio alla Salute del Ministero della Salute, su un campione di 50.000 bambini di terza elementare, il 24% è in sovrappeso e il 9,4% è obeso. Negli ultimi quattro decenni il numero di bambini e di adolescenti obesi è aumentato di oltre dieci volte. Un recente sondaggio condotto dalla Cleveland Clinic negli Stati Uniti ha rilevato che gli americani si preoccupano per il peso in eccesso, ma non sono consapevoli delle sue ripercussioni sul cuore. I dati della ricerca fanno riflettere. Mentre l’88% degli intervistati ritiene plausibile che ci possa essere un legame tra un cuore sano e un peso nella norma, la maggior parte di loro fa poco o addirittura nulla per contrastare il problema del peso. E ancora, il 74% delle persone che hanno preso parte allo studio sono preoccupate per la propria stazza e il 65% teme per la salute del cuore data dai chili in eccesso, ma meno del 43% ha intrapreso percorsi di modifica delle proprie abitudini alimentari. Inoltre, al 40% di chi si descrive sovrappeso o obeso non interessa la qualità del cibo ingerito. In un quadro così allarmante, è la scarsa consapevolezza delle ripercussioni che hanno dieta e peso in eccesso sul cuore il dato che più preoccupa. Una persona su cinque, infatti, crede che le abitudini alimentari non abbiano alcun effetto sulla salute del cuore e solo il 14% riconosce nella dieta mediterranea il regime alimentare più appropriato per il benessere cardiovascolare. La stragrande maggioranza degli statunitensi poi, ben l’87%, non percepisce che l’obesità sia un fattore rischio per il cancro, la fibrillazione atriale (80%), l’ipercolesterolemia (54%), le malattie cardiovascolari (57%) o l’ictus (64%). Eppure le malattie cardiovascolari sono la causa numero uno di morte negli Stati Uniti e nel mondo. Secondo i CDC (Centers for Disease Control and Prevention), l’organismo di controllo sulla sanità pubblica che sorveglia le malattie (infettive e non) negli Stati Uniti, circa il 40% degli americani (ben 93 milioni di persone) sono obesi, e anche un numero maggiore è sovrappeso. Steve Nissen, Direttore del Centro per le Malattie Cardiovascolari alla Cleveland Clinic, e coordinatore del progetto di educazione alla salute “Ama il tuo cuore”, ha le idee chiare su cosa dovrebbe essere fatto per risolvere il problema: “Dobbiamo migliorare il percorso informativo rivolto al paziente e al pubblico riguardo le principali conseguenze del sovrappeso e dell’obesità e i benefici della perdita di peso. Un individuo ha bisogno di perdere solo il 5% di peso corporeo per iniziare a percepire importanti miglioramenti sul proprio stato di salute.”. Tuttavia, questo sembra essere un messaggio assai complicato da far passare. Sebbene l’84% degli statunitensi sostenga di aver tentato almeno una volta di perdere peso, circa uno su 3 ha desistito dopo una settimana, massimo un mese. Le principali cause di questa scarsa costanza sono il poco “feeling” con l’esercizio fisico (24%) e la mancanza di tempo (22%). A proposito di questo ultimo punto, è da rimarcare che negli ultimi anni le ore passate dagli statunitensi davanti alla tv sono aumentate esponenzialmente. Uno studio olandese, pubblicato sulla rivista Journal of Epidemiology & Community Health, ci svela quale sia uno dei possibili segreti della longevità. La ricerca, condotta nell’ambito dello studio Netherlands Cohort Study, ha coinvolto 7807 uomini e donne che nel 1986 avevano un’età compresa tra i 55 e i 69 anni. I partecipanti sono poi stati monitorati nel tempo fino al compimento dei 90 anni o alla morte (qualunque dei due avvenimenti fosse arrivato prima). All’inizio dello studio, i ricercatori hanno raccolto alcune informazioni dei soggetti arruolati, come il peso (a quell’età e a 20 anni), l’altezza, la quantità di attività fisica praticata nelle attività comuni di tutti i giorni (come il giardinaggio, la passeggiata col cane, il tragitto in bicicletta per andare al lavoro). In particolare, sono state considerate tre fasce di attività fisica quotidiana: meno di 30 minuti, dai 30 ai 60 minuti, e più di 90 minuti al giorno. Questi elementi sono stati poi messi in correlazione con la probabilità di raggiungere i 90 anni di età durante lo studio. Altri fattori, come l’abitudine al fumo, il consumo di alcol, l’introito calorico e il livello di istruzione sono stati considerati come potenziali fattori di confondimento. Ebbene, circa il 17% degli uomini e il 35% delle donne coinvolti nello studio hanno raggiunto i 90 anni. Tra gli uomini, coloro che svolgevano più di 90 minuti di attività al giorno avevano il 39% di probabilità in più di festeggiare il 90° compleanno rispetto a coloro che si muovevano per meno 30 minuti al giorno. E ogni 30 minuti extra di attività fisica quotidiana conferiva un 5% in più di probabilità di diventare novantenni. Nelle donne, la relazione tra attività fisica e longevità si è dimostrata meno lineare. Infatti, sebbene fare attività fra i 30 e i 60 minuti al giorno fosse associata a un 21% di probabilità in più di raggiungere i 90 anni, sembrava esserci una soglia ideale di attività quotidiana: un’ora al giorno di attività fisica si associava alla più alta probabilità di soffiare sulle fatidiche novanta candeline. Nelle donne si osservava anche un’altra curiosità. Le donne più alte, quelle che all’inizio dello studio pesavano di meno e quelle che dai 20 anni di età avevano messo su meno chili, avevano una più alta probabilità di arrivare ai 90 anni rispetto alle partecipanti più basse e pesanti. In particolari, le donne più alte di 175 cm avevano il 31% in più di probabilità di raggiungere quota 90 rispetto alle donne alte meno di 160 cm. Nessuna di queste associazioni è stata riscontrata nei soggetti di sesso maschile. Lo studio, sebbene con le sue importanti limitazioni, rafforza alcuni dei pilastri della longevità: muoversi di più nelle attività di tutti i giorni (e cercare di non prendere troppo peso dopo l’adolescenza, soprattutto se si è donne) aiuta ad arrivare lontano, non solo nello spazio, ma anche nel tempo.

Vuoi mangiare meglio? Inizia con un bell’allenamento

Ricercatori dell’Università di Austin in Texas hanno dimostrato che fare esercizio regolarmente porta anche ad un’alimentazione più sana. Lo studio, pubblicato sulla rivista International Journal of Obesity, è stato condotto su 2680 giovani sedentari di età compresa tra i 18 e i 35 anni. I partecipanti, tutti studenti universitari, sono stati sottoposti ad un allenamento di tipo aerobico per 15 settimane.

Ai giovani partecipanti era stato detto di non modificare la dieta in maniera significativa, ma questo è avvenuto comunque. Dopo questo programma di esercizio infatti, è aumentato il consumo di carni magre, frutta e verdura, a discapito di fritti, bevande zuccherate e “cibi spazzatura”. Sebbene non siano stati studiati i meccanismi responsabili di questo fenomeno, si pensa che l’esercizio fisico possa aver modificato in senso positivo i livelli circolanti della dopamina (il cosiddetto “ormone della felicità”) e di altri ormoni che regolano il senso di appetito, come emerso anche da ricerche precedenti.

Molly Bray, direttrice del Dipartimento di Scienze della Nutrizione all’Università di Austin e coordinatrice dello studio, ha commentato così i risultati: “Molti tra coloro che hanno partecipato allo studio non sapevano di avere dentro di sé questa persona “sana e attiva”. Alcuni pensavano che la propria stazza fosse un elemento non modificabile. Molti di questi giovani per la prima volta nella loro vita hanno realizzato di poter scegliere quanto allenarsi e come mangiare”. Non è mai troppo tardi per iniziare a mangiare bene, ma se ci si allena diventa tutto più semplice.

QE-MAGAZINE #8

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