Monaco Incontra Torino: che ne dite di una brava calligrafa?
Dopo una prima serie di personaggi interessanti, passiamo ora ad una donna speciale che è stata protagonista in un nostro passato articolo pubblicato su QE-MAGAZINE nella rubrica Monaco Incontra Torino: si chiama Chen Li, lavora a Torino e l’ha incontrata per noi Silvia Giordanino
Chen Li, artista di fama internazionale “dominatrice”di scritture e segni, calligrafa che esplora i microcosmi e i macrocosmi delle parole. Dalle grotte dei primitivi ad oggi non c’è stata tregua per il desiderio dell’uomo di lasciare le sue tracce. Sempre alla ricerca della perfezione, Chen Li ha fatto percorrere alla sua mano chilometri con inchiostro e colori, perché per diventare una dea dei segni, i segni ti devono seguire, questa è la regola di ogni leggenda: può finire la carta o il supporto su cui stai lavorando, ma non la scrittura, memoria e creatività assoluta. Forse la sua formazione più importante è stata in Olanda a Delft, alla Fondazione World Art Delft presso una residenza artistica internazionale dove ha potuto lavorare con molti artisti di varie nazionalità, vedere il loro metodo, apprendere la diversità di tecniche, visioni culturali, cibi, lingue, gusti. E da lì che ha capito che voleva andare nel contemporaneo perché ancora le dava la gioia di esplorare, di cercare strade non percorse da altri. Poter continuare il racconto con parole nuove e non solo ripetendo esperienze di grandi uomini del passato. Voleva raccontare il suo tempo, ma con la scrittura, che, si sa, è antichissima.
Quale è stato l’incontro più importante? Con quale dei tuoi committenti? “Tutti gli incontri mi hanno fatta crescere umanamente e professionalmente. Per non posso non ringraziare Luca Guadagnino che mi ha chiamato per scrivere a mano i titoli di testa del suo film “Call me by your name”, premio Oscar per miglior sceneggiatura non originale. Devo molto alla sua sensibilità e professionalità”. Hai lavorato anche con i bambini: quanto i bambini sono sensibili al segno? “Non esiste bambino che non sia sensibile al “segno”! Un altro incontro importante è stato sicuramente con la dott.ssa Giannetta Ottilia Latis, Nanette, la direttrice dell’Accademia dei bambini alla Fondazione Prada. Neuropediatra, la dott.ssa Latis mi ha invitata a tenere un ciclo di laboratori sul segno e la scrittura perché considerava importante per il bambino e il suo sviluppo imparare a scrivere a mano in un’epoca dove imperano i pc e i tablet, a tracciare segni per imparare a scardinare i muri invisibili che crescendo ci costruiamo. Insieme alla squadra della Fondazione Prada e soprattutto dell’Accademia dei bambini abbiamo costruito qualcosa di molto importante: un viaggio significativo dal segno alla scrittura, fornendo strumenti, luogo, motivazioni, “pura bellezza” per bambini e genitori. Abbiamo sparso i semi. Ed io ho capito che in vent’anni di lavoro avevo accumulato un’esperienza adeguata al percorso sia sul segno, su cui ho consumato chilometri di carta, che sull’insegnamento ai bambini, vera forza del nostro futuro”.
Raccontaci del tuo lavoro con gli stilisti: stile ed esagerazione. Come è lavorare con loro? “Gli stilisti, che ormai si chiamano designer, sono dei veri e propri manager che hanno una parte creativa molto forte, come nell’arte, che concepisce gli stili e le tendenze e una parte che deve essere attenta al mercato. I designer sono dei veri professionisti che hanno lavorato molto per arrivare dove sono, esattamente come in ogni altro campo. Vedo fashion e arte molto vicini come ambiti: tutte e due sono una creazione dell’intelletto umano, entrambi raccontano il nostro tempo, i designer vogliono raccontare una loro storia, un loro stile, anche imporsi. L’esagerazione fa parte del gioco, in un campo creativo come si può porre limite alla creatività. Per gli stilisti ho scritto a mano migliaia di inviti personalizzati per le loro sfilate”. La Moda è davvero arte, dunque? “Certo!!!Ricordo sfilate che sono performance straordinarie degne della migliore arte contemporanea, con un concept, una squadra di persone che lavorano insieme per pochi minuti di spettacolo. La prima volta, a una sfilata di Emilio Pucci con Peter Dundas mi sono commossa. Perché ho capito davvero cosa vuol dire la moda: la stessa visione che hanno gli artisti, solo che si tratta sempre di cose indossabili. Jeremy Scott ha affermato di fare arte usando il media della moda. E vedendo il suo lavoro per Moschino viene da dargli ragione. Visionario e dissacrante mantiene l’ingenuità del bambino che gioca con le bambole. Lavorare con loro significa adeguare i ritmi e la visione sul loro termometro. Sono stata fortunata con Peter Dundas perché ha capito perfettamente il mio lavoro e che ero strumento per lui per raccontare la sua sfilata, anche con la scelta dello stile più vicino possibile alla sua collezione, alla sua visione di donna. Ho cercato di scrivere come avrebbe scritto lui se avesse avuto il tempo di scrivere i suoi inviti personalizzati e curarli come cura ogni pezzo della sua collezione. È stato bello essere parte di questa creatività. Di questa giostra per adulti che è il mondo della moda”. Ormai hai una progettazione ventennale. Che consigli puoi dare ai giovani che vogliono avvicinarsi a questa professione? “Studiate tanto! Preparatevi con una buona cultura generale possibilmente cercare di eccellere, perché la scrittura e la calligrafia non sono per tutti. La calligrafia ti sceglie”.
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