First man (recensione non autorevole e soggettiva)

Il bravo regista, Damien Chazelle, è quello che ha realizzato La La Land e il delizioso Whiplash e in First Man si cimenta nel racconto della vita di Neil Armstrong, primo uomo sulla luna.

Affrontare un tema così colossale e già raccontato in decine di altri film deve aver stuzzicato l’idea di essere fuori dal coro, di narrare altro, di non cedere alle lusinghe del già visto e dello scontato. E Chazelle ci riesce benissimo.

Quindi se vi aspettate un film sull’avventura spaziale resterete delusi, perché il film racconta l’uomo Neil Armstrong e l’avventura spaziale è quasi marginale, liquidata con un set della cabina dell’Apollo utilizzata tre volte nel film, una serie infinita di soggettive e qualche cgi inserita in post. Il super uomo Armstrong poteva uscirne si ridimensionato, ma estremamente umano, poteva regalarci emozioni fuori dalla cabina della Gemini, creare empatia, invece ne esce un ragazzone un po’ nerd che non riesce nemmeno a sorridere ai propri figli. Finisce che il personaggio più interessante del film è Buzz Aldrin, dipinto come un gran cinico.

Nemmeno la scena del piede sulla luna, che avviene nel silenzio e nella solitudine completa cede al facile cut che mostra la contemporanea della folla davanti alla televisione o del centro controllo, mente lui nel silenzio posa il piede.

Camera a mano nella maggioranza delle inquadrature strette per dare quel mood “traballante” e dialoghi non pervenuti. A condire il tutto la recitazione asciutta e monoespressione di Ryan Gosling. Se in Blade Runner poteva avere un senso, visto che interpretava un replicante, in First Man l’ho trovata stucchevole.

Sergio Leone parlando di Clint Eastwood diceva: “a quell’epoca aveva solo due espressioni: con il cappello e senza cappello”. Ecco, Clint Eastwood in confronto a Ryan Gosling sembra Arturo Brachetti…