Principato di Monaco: non aprite queste email
Nella giornata di ieri – non solo noi ma molti altri residenti del Principato di Monaco – siamo stati destinatari di un paio di email nelle quali sedicenti organismi di controllo segnalavano di aver intercettato l’impiego di materiale sensibile (pedo-pornografia) nei nostri siti. Dopo immediati ed opportuni controlli con la Direzione dell’Interpol monegasca, abbiamo desunto che queste sono ulteriori esche di potenziali cybercriminali, per lo più provenienti da server africani, che cercano di intimidire i riceventi con messaggi perentori, riuscendo a volte nel loro scopo…
Non aprite mai email, ma soprattutto queste email. Per capire se provengono da account non regolari, soprattutto se nel testo si millantano titoli, nomi e riferimenti desunti da organismi di controlli c’è un sistema infallibile: nessun agente di polizia monegasco e tantomeno francese scriverebbe email le cui estensioni sono composte da suffissi improbabili. Quelle ricevute ieri in mattinata, ovviamente, sono comunicazioni assolutamente false, indirizzate contemporaneamente a molte persone – spesso archiviate direttamente nello spam – ma per la maggior parte di esse i riceventi sono residenti nel Principato di Monaco, considerata la roccaforte della sicurezza informatica secondo quanto dichiarato ancora recentemente nel corso delle ultime conferenze dedicate al programma #extendedmonaco. Difficile però, anche per i tycoon dell’informatica più disinvolta, intercettare e bloccare alla sorgente queste comunicazioni intimidatorie perché non ci sono strumenti adatti per farlo preventivamente.
Questi casi, però, sappiamo si verificano periodicamente anche altrove, con l’unico obiettivo di tentar di pescare nel torbido, poiché tra le migliaia di email inviate c’è spesso davvero qualcuno che potrebbe essere utilizzatore di materiale pedopornografico. Non sorprenderebbe dunque he, proprio queste persone, temendo ritorsioni personali, siano disposto a scendere a compromessi pur di non vedere il proprio nome su liste rese pubbliche sul web. Sentirsi smascherati fa abbassare la guardia e, rispondendo ad email simili, si cade nel tranello. A parte questi ultimi episodi, segnaliamo che rientra nella casistica anche un post ricevuto direttamente come messaggio privato su Twitter, il 5 ottobre scorso, in cui si leggeva di qualcuno in possesso fortuitamente di documenti sensibili: il possessore riteneva di essere in pericolo di vita se avesse svelato la sua identità ma riteneva necessario condividerli con noi. Era quindi disponibile a parlarcene per rivelare i segreti nascosti dietro un fantomatico club formatosi nel Principato di Monaco 10 anni fa (si riferivano forse all’associazione di francomassoneria creata nel 2009 forse?) interessati esclusivamente a trarre profitto dalle loro posizioni di potere per gestire unicamente i loro interessi personali. Insomma, in poche parole, affari di corruzione a con tanti zeri. A divulgare questi documenti ci avrebbe pensato un sito i cui server, di nuovo, sono fuori dal territorio di Monaco, in chiaro fino a qualche giorno fa ma ora apparentemente inaccessibili. Una replica è stata allocata anche su youtube. Di questo, però, ne abbiamo parlato nel nostro ultimo QE magazine, accessibile cliccando qui. Inutile dire che la reazione delle personalità citate nel Dossier du Rocher, indicate come persone corrotte ed inaffidabili, sia stata quello di prendere immediati provvedimenti, alcuni denunciando il fatto che sono stati resi pubblici documenti secretati. Ma, allora, se non sono autentici o peggio falsi, perché questa reazioni a catena? Il dubbio resta anche se SAS il Principe Alberto II di Monaco ha intravisto in questa manovra la volontà di qualcuno a screditare il buon nome del Principato. Eppure, anche questa volta, c’è anche chi giura che qualcosa di vero c’è…Mah…
Una risposta
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