La musica di Pino Daniele torna a vivere a Monaco: emozioni, ricordi e un docu-film che parla ancora al presente

È bastata la prima nota – quel timbro caldo e immediatamente riconoscibile – e la prima testimonianza perché al Théâtre des Variétés si creasse un silenzio carico di emozione. Monaco ha reso omaggio a Pino Daniele nel decimo anniversario della sua scomparsa con la proiezione del docu-film Pino Daniele – Nero a metà – presentato dalla Società Dante Alighieri del Principato sotto l’Alto Patrocinio di S.A.R. la Principessa di Hannover e con il Patrocinio dell’Ambasciata d’Italia

È stato un racconto intenso, diretto da Marco Spagnoli, quello che, attraverso queste immagini , ha ricostruito la prima parte della carriera del cantautore Pino Daniele, descritto attraverso gli occhi di chi l’ha conosciuto davvero: Stefano Senardi, storico produttore, amico fraterno e protagonista stesso del film che, uno dopo l’altro, ha intervistato i vari amici e colleghi che hanno accompagnato il musicista napoletano nel corso della sua carriera. Dopo la proiezione, Senardi e il giornalista Daniele Doglio hanno offerto al pubblico un viaggio nella vita e nell’eredità artistica di Pino. È stato Senardi a guidare il ricordo, con una presenza autentica, quasi emotivamente necessaria. Ha definito la musica di Pino “la lava del Vesuvio che si fonde con l’acqua del Mississippi”, un’immagine poderosa che ha restituito il senso della rivoluzione portata da Daniele: un blues mediterraneo, radicato nella tradizione napoletana e allo stesso tempo proiettato nel mondo. Il docufilm, prodotto da Fidelio e distribuito da Eagle Pictures, di fatto intreccia interviste e testimonianze, offrendo punti di riflessione, per voce di alcuni tra i protagonisti della scena musicale partenopea: Enzo Avitabile, Tony Cercola, Tullio De Piscopo, Teresa De Sio, Tony Esposito, Enzo Gragnaniello, Pietra Montecorvino, Fausta Vetere e soprattutto James Senese, scomparso da poco e ricordato con affetto e riconoscenza. Senardi ha sottolineato come proprio Senese, già negli anni Sessanta, avesse portato i fiati nel blues e nel rock napoletano, dando vita a una forma musicale nuova, profonda, identitaria.

L’incontro in sala ha offerto anche momenti di racconto personale. Doglio ha introdotto Senardi ricordando la sua lunga carriera nelle più importanti etichette discografiche italiane, fino alla fondazione della propria casa discografica. Senardi, a sua volta, ha condiviso aneddoti sorprendenti, come quello dell’unica intervista organizzata a Lou Reed quando aveva appena 24 anni, resa possibile grazie all’intervento di Isabella Rossellini, allora moglie di Martin Scorsese, di cui Reed era fan. Tanti gli episodi che hanno illuminato non solo il suo percorso, ma anche il contesto culturale in cui si muoveva il giovane Pino, in una Napoli vibrante e piena di talenti. Toccante il ricordo del concerto in Piazza del Plebiscito organizzato un anno dopo il terremoto dell’Irpinia: una serata diventata simbolo del riscatto del popolo napoletano, grazie alla sensibilità e alla forza espressiva di Pino. Profonda anche la rievocazione dell’amicizia con Massimo Troisi, da cui nacque Quando. Senardi ha ricordato come né Pino né Troisi abbiano mai usato la napoletanità come cliché, ma sempre come linguaggio vivo, essenziale, capace di raccontare il presente. Il 1980 li consacrò entrambi: Nero a metà per Pino e Ricomincio da tre per Troisi, due pietre miliari che ancora oggi incarnano un’idea moderna e universale di Napoli. Il docu-film, ha spiegato Senardi, è nato dal desiderio di ricordare l’amico a dieci anni dalla scomparsa, coinvolgendo persone che lo conoscevano bene, e girando nei luoghi più autentici di Napoli. Le riprese – realizzate in una sola settimana – restituiscono la città nella sua verità più profonda: i murales che ritraggono Senese, Pino e Maradona, tre simboli della cultura napoletana contemporanea ne hanno fatto da sfondo, così come le strade, le voci, le atmosfere di un territorio in cui la musica è sempre stata identità. Verso il termine della serata la presidente della Dante Alighieri, Maria Betti, ha voluto sottolineare come Pino Daniele, in realtà, avesse portato la lingua – e non il dialetto – napoletana in musica, per descrivere la realtà che lo circondava, trasformando la tradizione in una continua ricerca musicale,condotta con tanto lavoro e passione. Un aspetto ricordato anche attraverso l’apparizione nel docufilm di Gianni Miná, grande sostenitore di Napoli e amico dell’artista. Tra i momenti più emozionanti, in conclusione, il racconto di un concerto in cui Pino si esibiva con Jovanotti e Ramazzotti, pochi giorni dopo la morte di Troisi. Prima di salire sul palco, Pino disse di essere passato a “prendere Massimo”, ma che gli avevano risposto che “era già lì”. Subito dopo, una pioggia improvvisa si abbatté su artisti e pubblico. “Sembrava un segno”, ha detto Senardi. Un ricordo che ha fermato la sala in un silenzio denso e partecipe. La serata monegasca non è stata solo una proiezione, ma un ritorno collettivo alle emozioni che Pino Daniele continua a suscitare con le sue canzoni. La sua chitarra – da Senardi descritta come il suo alter ego, una seconda voce – e la sua capacità unica di trasformare la realtà in musica restano una presenza viva, capace di unire generazioni. Monaco ha scelto di celebrarlo così: con un omaggio sincero, costruito sulle parole di chi lo ha conosciuto e sul sentimento di chi continua ad ascoltarlo. Un tributo che, più che guardare al passato, ha ricordato al pubblico che alcune voci non smettono mai di parlare.

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