Il fascino di Monte Carlo e le nuove generazioni

photo by Riccardo PizziLa mia è la generazione che fra i tanti miti assimilati e consolidatati nel tempo ha quello della Costa Azzurra. Nello specifico di Monaco (o Monte Carlo, come chiamano il Principato il 90% degli italiani).

Come darci torto? Siamo cresciuti sull’onda fascinosa dei ruggenti e trasgressivi anni 70 che sulla Côte hanno visto momenti di glamour vero e sfavillante, grazie a Brigitte Bardot, Gigi Rizzi, Roger Vadim, Yives Montand e decine di altri illustri artisti a vario titolo. Tutto questo quando la parola glamour non era nemmeno utilizzata per definire la poderosa aura di certi luoghi e personaggi. Il fascino di Hollywood era già in piena diffusione e in Europa lo percepivamo come qualcosa di magico, ma molto lontano. Eravamo molto più inclini ad appassionarci ai prodotti di casa nostra. Poi Monaco, grazie alla presenza abbagliante di Grace Kelly, ci ha fatto sembrare l’America più vicina, più raggiungibile e con lei i suoi miti cinematografici. Forse in quel periodo iniziò la progressiva “americanizzazione” culturale dell’Europa e mi piace pensare che tutto cominciò in questo luogo.

Uno degli aggettivi più utilizzati quando si parla di Monaco è “esclusivo” e, a pensarci bene, nemmeno questa parola era molto usata negli anni settanta. Nel decennio corrente invece è abusata in ogni sua declinazione. Anche oggi il mito di Monaco regge benissimo e lo si può leggere sul viso di chi la visita per la prima volta. Che si tratti di un turista orientale con zaino e bastone per i selfie o di un “cumenda” con sportiva cabrio d’ordinanza e fidanzata in tacco dodici. Hanno tutti l’espressione di chi percepisce la magia di un posto che rappresenta nel loro immaginario il meglio del meglio, il simbolo stesso di una città che (sempre nel loro immaginario) è in grado di regalare istantaneamente a chi la visita quella allure di eleganza e di stile alla quale anni di rotocalchi patinati li hanno abituati.

Di selfie con gente appoggiata a una Ferrari davanti al Casinò sono pieni i social, perché è un modo per dire: io ci sono, io oggi sono in un posto speciale e voglio gridarlo (digitalmente) a tutti. Tutto questo può essere gradevole o meno, ma ha una sua logica…

la mia domanda è: il fascino glamour di Monaco ha lo stesso appeal sulle nuove generazioni?

A mio parere la risposta è no.

Gli stessi adolescenti che qui sono nati non sanno nemmeno chi sia Brigitte Bardot e non conoscono il mito della costa Azzurra, così come lo abbiamo vissuto noi. Per loro semplicemente non esiste. Tutto ciò di cui ho scritto finora per loro non ha nessun valore perché, banalmente, non sanno di cosa stiamo parlando.

I giovani della Youtube generation, spesso indicati come “nativi digitali”, percepiscono Monaco come un buon posto in cui vivere, ma non sempre hanno parametri di riferimento fino al periodo della adolescenza in cui verranno mandati dalle famiglie a fare le temibili vacanze-studio all’estero (croce delizia della gioventù della zona). Molto spesso vedono Monaco come un nido accogliente che rappresenta la loro infanzia rassicurante, con i flic che fermavano il traffico per farli attraversare quando uscivano dal Saint Charles (cosa decisamente inimmaginabile se localizzata in una qualsiasi grande città italiana o francese).

photo by Riccardo Pizzi

E’ assolutamente normale, non hanno nessuna colpa per l’assenza di una memoria storica che ha valore solo per le generazioni che li hanno preceduti.

Questo cosa significa, nella pratica?
La mia modestissima opinione è che il Principato deve guardare oltre e darsi nuovi obiettivi per avere appeal nei confronti delle nuove generazioni, perché una volta esauriti i “vecchi” nostalgici come me (come noi) sarà necessario spostare l’asticella più in alto, sia in termini di opportunità che di “fidelizzazione” delle nuove generazioni.

Il principale spettro di un’area così singolare, ma così esigua in termini di superficie, è quella di diventare provinciale. In barba alla deliziosa multi etnicità, in barba alla indiscutibile verve del Principato e alla strategica posizione geografica il rischio per le nuove generazioni, che qui sono nate e cresciute, è quello di dare per scontato uno status di eccellenza a cui sono abituati dalla nascita che tuttavia può cambiare in un picosecondo. E una volta finiti i soldi di papà il gioco si fa davvero duro.

Il Principato è molto attento a questo aspetto, ma i giovani non lo sanno ancora, presi come sono dai social e dalla superficialità coatta alla quale li abbiamo abituati.

Giorgio Faletti scriveva: “Sulla sinistra splendeva Montecarlo, bella e finta come una dentiera, immersa nelle luci che non meritava e nel denaro che non le apparteneva. ”

Al netto della licenza narrativa del compianto Faletti non possiamo non evidenziare che in questo posto affascinante e strano si mixano culture e condizioni sociali profondamente diverse e chi pensa a Monaco come a una brillante giostra di strass e champagne stappato a colpi di sciabola vede solo la superficie più estrema, ovvero la propaggine più pacchiana e cafona di una realtà che è fatta soprattutto di professionalità concrete e di persone che lavorano e sudano come in qualsiasi altro posto del mondo.

Questo forse è uno dei concetti che dovremmo chiarire bene ai nostri ragazzi.

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