C’era una volta a Hollywood
Once upon a time in Hollywood è lontano dalla narrazione classica del regista, pur conservandone tutti i tratti distintivi. Semplicemente è tutto più sfumato, più maturo e decisamente bellissimo.
Once upon a time in Hollywood è lontano dalla narrazione classica del regista, pur conservandone tutti i tratti distintivi. Semplicemente è tutto più sfumato, più maturo e decisamente bellissimo.
La lotta per brandelli di potere, stralci di ricchezza, bocconi di corpi femminili da parte del microcosmo di umanità varia che circonda Berlusconi è raccontata da Sorrentino in modo disincantato ed evocativo.
Quell’omino lì (per citare Enzino Iacchetti) riesce a fare cento cose insieme e ad averne il controllo e tutto senza mai far pesare la propria posizione. La chiamerei “visione di insieme a media scadenza” e questa è una dote registica molto importante perché non si tratta solo di gestire il momento, ma anche di prevedere conseguenze dinamiche umane conseguenti. È un abile regista e un uomo che ha fatto del personal branding una way of life.