Ciao Massimo, come va Lassù?
Caro lettore, sono Silvia Giordanino e quanto segue non è il solito articolo, ma un ricordo personale di un uomo noto e per me caro, prezioso. Lo avevo ricordato già lo scorso anno – se non hai letto l’articolo precedente, ti invito a farlo qui – e, in occasione del suo compleanno non potevo non fargli gli auguri, ovunque lui sia…

Ciao Max,
come va Lassù?
Qui è il pianeta Terra. Il 20 maggio, sarebbe stato il tuo compleanno.
Ti abbiamo pensato in tanti.
Ognuno ha condiviso foto, parole, ricordi…
Io mi sono limitata a mandare un WhatsApp con scritto “Ti penso” a tua moglie Chiara con una rosa. Che altro potevo aggiungere?
È una donna forte che vive appassionatamente di teatro attraverso il suo mestiere di attrice/conduttrice/ideatrice…
È “sopravvissuta” alla tua morte.
Ci scriviamo, sai?
Ho ancora davanti agli occhi quella smorfia tutta tua, fatta di sorriso e occhiali che sfumava sempre nell’ironico, quando mi dicevi che non potevi credere che una ragazza così meravigliosa potesse essere innamorata di te, ma per lei è sempre stato Amore puro, come per vostro figlio Francesco. Mi domando se lo avete chiamato così perché il vostro caro amico etestimone di nozze è stato Francesco Renga, anche se queste dopotutto sono cose vostre…

Che bello deve essere stato “essere Massimo Cotto”; nonostante la tua morte prematura per la quale, sappi bene, non ti ho ancora perdonato.
Chissà che musica, Lassù, Max…
Scommetto che continui a fare le interviste, a scrivere libri e a tifare per il Torino.
Ti riposi, Max, finalmente…
Nel mio mondo interiore mi dico che hai vissuto a mille: quando sei stato folgorato dalle canzoni di Bruce Springsteen hai subito iniziato a mettere la sua musica in una radio e da lì non ti sei più fermato. Eri fatto così.
Ricordo che eri abilissimo nel trovare le battute taglienti, lame precise che riuscivano a mandarmi fuori dai gangheri quando ti incontravo nella nostra città, Asti, da solo o in compagnia di Giorgio (Faletti). Mi costringevo a voltarti le spalle per non sfidarti a duello in pieno centro.
Invece, quando lavoravamo insieme, ti rivelavi il professionista che eri.
Un grande.
Avevi l’umiltà di chi “sa di non sapere”.
Tu sul palco del teatro a presentare personaggi noti per importanti eventi culturali organizzati dalla Biblioteca Giorgio Faletti di Asti e io Ufficio Stampa, a darmi da fare per far girare gli ingranaggi.
Io nervosa (troppo), a fumare sigarilli e prendere appunti, tenere fogli: a fare un lavoro “grezzo”, ma utile.
Tu arrivavi serio, attento.
Salutavi tutti: amici (tanti) tra il pubblico, ospiti, staff…
Poi, talvolta, ti confrontavi con me.
Io, attenta a non tradire le tue aspettative, tiravo fuori i miei appunti, i libri…
Così scrivevi a tua volta e facevi una sorta di prova dialettica del mio concetto commentando: “Giusto, giusto”.
Mi ringraziavi.
Sempre.
Quei grazie erano per me una medaglia.
Perché quando salivi sul palco a presentare gli ospiti non ce ne era per nessuno: tutti pendevamo dalle tue labbra.
Ad ogni modo è passata mezzanotte e le nuvole non hanno lasciato spazio alla luna. Ero convinta che ti avrei visto a cavalcioni di essa con quelle gambe da fenicottero, sorridente a citare qualche verso di una canzone come eri solito fare.
Si sa: al cuore, alle nubi in cielo e nei pensieri non si comanda.
Alla prossima, Max, metti una musica che ti piace nei sogni di chi ti ha pensato oggi: ne basta una, siamo in tanti.
Buon compleanno.
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