COVID19: il parere del dott. Tiziano Gastaldi

Ci mancava ancora il Premio Nobel Luc Montagnier a dare la sua personale interpretazione su questa pandemia #Covid19: in una recente intervista ha raccontato la sua ‘verità’ chiedendo finanziamenti per creare un sistema di onde che neutralizzi l’ormai famoso virus. Poi, ci sono i medici che, per varie ragioni, affrontano il problema applicando la loro personale esperienza, indicando nell’ozonoterapia una delle soluzione per quella che definiscono una microtrombite…

Questo è il caso del dott. Tiziano Gastaldi che dal 2005 lavora nel Canton Ticino, in Svizzera e vanta un curriculum di tutto rispetto.

Laureato nel 1982 in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Genova, è Specialista in Reumatologia e abilitato in Ortopedia e Traumatologia. Alla sua regolare attività medica ha intervallato relazioni universitarie e partecipazioni a congressi mondiali. Oltre ad avere una esperienza in telemedicina, è stato provider accreditato al Ministero della Salute in Italia, come membro SNAMID (Società di Aggiornamento Medico Interdisciplinare per Medici di Famiglia), accreditando il primo convegno sulla medicina quantica. Alla fine del 2018 è stato audito al Senato della Repubblica Italiana come esperto sull’argomento “Fibromialgia” davanti alla Commissione Sanità Presieduta dall’attuale vice ministro Prof. Sileri. È anche socio fondatore e membro del consiglio direttivo dell’ AMBB (Associazione Medicina integrata tra Biochimica e Biofisica). Tuttavia il dottor Gastaldi considera la filosofia la “madre” delle scienze compresa la medicina che pratica onorando i fondamenti di Ippocrate e – trasfigurando il rapporto materia/energia, in estensione del noto binomio Eti-ca/estetica – facendo un occhiolino a Kierkegaard ed il suo “Aut-Aut”. Tralasciando l’aspetto troppo tecnico o puramente didattico, abbiamo chiesto al dott. Gastaldi un parere sulla gestione sanitaria di questa insolita quanto drammatica pandemia COVID19 e, all’istante, abbiamo capito che oltre ai luoghi comuni, ci sono delle verità scientifiche che meritano di essere raccontate ed esposte come si conviene ad un approfondimento giornalistico che abbiamo già pubblicato nelle pagine di QE-MAGAZINE ma che vi riportiamo qui, in questo articolo.

Allora dott. Gastaldi, come sta, innanzitutto? “Cosa vuole che le dica? Continuo la mia missione come medico, nonostante i miei 67 anni ed un solo polmone funzionante. Sono un soggetto a rischio, ne sono ben cosciente, ma ho comunque dato la mia completa disponibilità in caso d’urgenza, qui a Locarno. La stessa cosa ha fatto mia moglie, farmacista, che deve andare al lavoro senza avere alcun obbligo d’indossare la mascherina”. Ah, vedo che il problema delle mascherine, anche da voi in Svizzera, è una questione complessa. Pensi, fa discutere anche qui, nel Principato di Monaco questa faccenda delle mascherine…“Guardi, la questione secondo me è più complessa di quello che si legge in giro. Non vorrei allarmare i suoi lettori ma se si sapesse davvero come funzione la propagazione del virus all’origine della malattia Covid19 sicuramente si prenderebbero decisioni più mirate…” Ce lo vuole spiegare lei? “Volentieri, ma prima vorrei precisare una cosa: quello che stiamo cercando di combattere, noi medici ma anche le amministrazioni che con il confinamento prendono le loro precauzioni, è un virus instabile che in gergo chiamiamo vestito. Ciò significa che ha una capsula costituita da proteine, ed alcune di queste contenute anche al suo interno. Per quanto i virus in genere non sono realmente organismi viventi di per sé, bisogna sapere che, come bio-molecole complesse, hanno bisogno di una cellula vivente per attivarsi. Per cui, solo se ingerito, assorbito dalla pelle, introdotto nel cavo orofaringeo o respirato – cioè introdottosi nelle cellule umane – inizia ad interagire producendo danni diversi e facendosi riprodurre dalle stesse cellule che contamina. Ma se non è vivo, a questo punto c’è da domandarsi “come fa a riprodursi?” Ebbene, è la cellula che l’accoglie e che lo replica.” Vada avanti… “Attualmente siamo tutti d’accordo quanto sia fondamentale individuare il genoma ossia la sua formula, perché questo permetterebbe di trovare un vaccino. Quest’ultimo, semplicisticamente, altro non è che la produzione di pezzi del virus in grado di stimolare simultaneamente la risposta anticorpale secondaria senza che ci siano effetti collaterali”. A volte però, sappiamo che anche con un vaccino, il contagio avviene egualmente…“Esatto, soprattutto se non sono stati costruiti anticorpi contro tutti gli antigeni che compongono il virus. E non sapendo esattamente quali siano le componenti patogene, se sia tutto il virus, o semplicemente lo siano alcune delle proteine che lo compongono, il lavoro si complica. A volte è sufficiente indebolirlo anche parzialmente per renderlo meno patogeno sino a sua completa eliminazione o distruzione da parte del sistema immunocompetente dell’organismo. Quest’ultimo però deve essere ben funzionante,per quanto comunque il vaccino non risponde in tutti i soggetti allo stesso modo”. Un esempio? “Il più classico è quello dell’influenza che ha antigeni di superficie, cioè quelli della capsula H ed N: a seconda dei numeri presenti in essi si contraddistinguono i vari virus. Oltre a queste proteine – di cui è formata la capsula- ne contiamo altre dentro il “vestito virale”. Il processo è semplice: una volta che si infiltrano nelle cellule bersaglio – che possono appartenere a strutture anatomiche diverse – i ‘veleni virali’ iniziano la loro opera replicandosi e danneggiando il tessuto e causando alterazioni metaboliche a diversi livelli ed in organi diversi. Questo accade proprio con il virus Sars-CoV-2: oltre alle lesioni immediatamente individuate e considerate le sole, sono state successivamente individuate anche altre modifiche, soprattutto a livello della coagulazione”. Semplificando ancora di più? “Facciamo così, utilizziamo una metafora invertendone il senso: quando il dito indica la LUNA, tutti guardano la luna che brilla quando, invece, qui avrebbero tutti guardare il dito”.

E’ evidente, allora, che rendere inerme questo virus Sars-CoV-2 richiede tempo“Assolutamente, anche se quanto prodotto con la sperimentazione Covid19 all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine (clicca qui per leggere l’articolo) apre altri spiragli e nuove speranze. Per esperienza penso che si possa agire a due livelli. Il primo si dovrebbe occupare di rendere subito innocuo il virus: questo lavoro diventerebbe fondamentale per la ripresa delle attività che potenzialmente ci esporranno al contagio in quanto, come immaginate, potremmo essere tutti contagianti e contagiabili se già non contagiati. E poi, successivamente, è necessario concentrarsi su come neutralizzare le proteine del virus liberatesi all’interno della cellula ospite”. A che punto siamo con la ricerca? “Dal punto di vista anatomo/patologico, i vari specialisti ospedalieri hanno individuato nella microvasculite la causa “base” del danno anatomico. Questa patologia può comportare, oltre ai fenomeni classici dell’infiammazione con edema – ovvero i tessuti trattengono acqua gonfiandosi, riducendo gli spazi dove passa aria e sangue – anche una degenerazione fino alla coagulazione intravasale disseminata (CID). Quest’ultima, anche se è meno diffusa, può localizzarsi in particolare in singoli organi più che in altri. Facilmente sarà il cardiologo ad individuare il trombo nel cuore senza pensare, spesso, che lo stesso possa essere presente anche nel rene o nel polmone o nel sistema nervoso. In fondo ogni specialista vede la sua ‘luna’ per quanto il dito che indica tutte le lune sia sempre lo stesso. La DIC o CID, è una delle evenienze note ai chirurghi, agli anestesisti, ed a tutti i medici in genere: vi sono molteplici cause in grado di provocarla ma le più frequenti sono alcune patologie ostetriche, tumorali, traumatiche massive o settiche batteriche e virali. E poi ci sono quelle descritte sui classici testi come le ustioni, la malaria e l’ inoculazione di veleni di serpenti”. È quindi possibile, secondo lei, che la CID si manifesti per la presenza di concause in soggetti predisposti? “Sì, perché la perversione di questa forma virale è che se da una parte c’è la trombosi, dall’altra c’è anche il sanguina-mento difficilmente controllabile e questo dipende dalla fase della CID. Abbiamo quindi, per la stessa forma, due fenomeni opposti che però non sono contemporanei nello stesso livello. In questa disgraziata evenienza, la CID si può presentare anche dopo interventi da poco conto oppure nel caso di trombosi meno gravi. Per questa ragione, nei pazienti affetti da Covid19 è opportuno somministrare eparinoidi o antiaggreganti piastrinici preventivi e post intervento, verificando e ricordando il problema emorragico e verificando i parametri ematici”. Ci sono novità al San Matteo di Pavia, mi pare…Sì, per fortuna: nel reparto COVID19 stanno utilizzando la plasmaferesi (filtraggio del sangue) e la reintegrazione dei prodotti della coagulazione”. Allora non esiste un solo modo per sconfiggere la malattia del Covid19…“Non esiste il farmaco che guarisca la malattia perché, di solito, è un percorso terapeutico integrato ben progettato, adattato ad ogni paziente. Affinché sia davvero efficace, per il mio modo di ragionare, vedo due strade perseguibili; da una parte combattere il germe con gli antivirali o con l’ozono prima che inizi a fare i danni destruenti; e l’uso dell’antibiotico. Per quanto riguarda gli antivirali non se ne conosce ad oggi nessuno davvero efficace e totalmente innocuo. È altresì impossibile generalizzare a causa della presenza di parecchie molecole attive sui vari virus. È quasi come voler eseguire l’antibiogramma e vedere quale antibiotico impedisca alla cultura batterica di svilupparsi. Poi, solo dove la cultura non si sviluppa bisogna intervenire con l’antibiotico. Ma il virus si replica nelle cellule viventi, per cui la prova “antivirogramma”, andrebbe fatta e viene fatta sui pazienti. Attualmente non abbiamo un numero sufficiente di riscontri, per cui si naviga a vista. Pertanto, è un grosso problema capire quale sia il farmaco antivirale adatto, nonostante qualcuno ci stia provando”. E poi c’è l’ozono, diceva…“Se somministrato secondo determinati protocolli, soprattutto nelle fasi iniziali, sappiamo che l’ozono è sia virus statico che virucida. Ha un effetto sul ‘vestito’ del virus per cui lo aggredisce prima che entri nella cellula. Inoltre penetrando all’interno di quest’ultimo ha una azione diretta sulle proteine, stimola il sistema immunitario del paziente e agisce anche sulla coagulazione, permettendo di non ricorrere ad un antitrombotico in fase emorragica della CID. Personalmente da anni uso l’ozono per il virus erpetico nel “fuoco di Sant’ Antonio” e nelle verruche: in merito ho anche pubblicato una relazione circa 10 anni fa, sul giornale internazionale di Ozonoterapia”. Altre strade? “Quando non si parla più di azione diretta sul virus, bisogna concentrarci sul fatto che va eliminato o bloccato, perché occorre intervenire sui danni anatomopatologici provocati dalle proteine virali e sui sintomi che questi danni generano. In questo caso, al paziente sarebbe opportuno somministrare antiaggreganti, anche eparina, come dimostrato recentemente da un collega cardiologo che ha individuato i siti di azione su cui intervenire. Tenendo presente, ovviamente, i parametri della coagulazione, e anche antibiotici. Come sapete, nelle mucose ci sono anche batteri: intubando d’urgenza il paziente, questi possono così facilmente raggiungere i polmoni e, ossigenare e ozonizzare il sangue. E’ importante questo aspetto perché nemmeno con l’intubazione non si riesce ad ossigenare sufficientemente il sangue che potrebbe essere sede di trombosi. Recentissimamente la FDA americana ha approvato l’utilizzo di un apparecchio per PLASMAFERESI (filtraggio) del sangue della Terumo®, di facile utilizzo, proprio per i malati COVID19. Per la forte infiammazione, sono utili antiinfiammatori, al limite anche il cortisone ma solo se associato all’antibiotico. Ci sono poi anche farmaci che si usano in reumatologia, come la clorochina Plaquenil®, che agiscono sulla Interleuchina-6. Probabilmente si arriverà anche a provare l’ultima categoria di farmaci, gli inibitori della Janus chinasi noti anche come inibitori JAK o jakinibs. In particolare qualche medico ha posto l’accento sulla Interleuchina-6 che viene coinvolta nel processo infiammatorio in patologie note come la malattia infiammatoria intestinale (IBD) – che comprende la colite ulcerosa (UC) e la malattia di Crohn (CD) – dove si sta dimostrando che la produzione di citochine svolge un ruolo importante nell’IBD”.

Secondo lei, come possiamo proteggerci pur rispettando le regole di confinamento imposte dai nostri governi? “La segregazione in luoghi protetti è fondamentale, benché la certezza del luogo protetto non esista a meno che le stanze in cui soggiorniamo non siano regolarmente sanificate. Il solo fatto di uscire a fare la spesa, ad esempio, ci espone al contagio perché ovunque andiamo potremmo toccare superfici infette, magari a causa di persone che, seppur apparentemente sane, possono essere portatori del virus. In questo momento, potenzialmente, chiunque è un “untore”. Essendo, quella respiratoria, la via di contagio maggiore, diventa importante la mascherina o altri presidi come lo ionizzatore con ozono nei luoghi chiusi”. E per strada, come facciamo? “La sola mascherina non fornisce la certezza matematica di non venire contagiati. Basta anche lo starnuto di un soggetto asintomatico per mettere a repentaglio la vita delle persone nelle vicinanze. È il principio delle gocciole di Flugge…” Cioé? “Per capire il principio di diffusione delle gocciole di Flugge sarebbe interessante leggere qualche libro di storia, in particolare i resoconti che narrano della diffusione della tubercolosi, quando ancora non si capiva come ci si contagiasse; per i non più giovani, invece si rimanda al cartello “vietato sputare per terra”. Per semplicità diciamo che le “goccioline di Flugge” sono formate dalla saliva nebulizzata e dalle secrezioni nasali, che si diffondono con uno starnuto, micronizzandosi in particelle di dimensioni tali che ne permettono la sospensione nell’aria per diverse ore anche in assenza di persone”.

Cosa si auspica per il futuro? “Sarebbe opportuno un confronto tra vari specialisti, soprattutto con i medici di famiglia che sono i primi a visitare i pazienti, per programmare una terapia preventiva e non solo terapeutica. Considerando che il COVID19 è una malattia che determina questa vasculite, anche gli infettivologi ed i virologi forse non sono gli specialisti indicati per monopolizzare questi malati. Una volta dichiarato positivo, del paziente si dovrebbero preoccupare cardiologi, nefrologi, neurologi, pneumologi, ematologi e anche coloro che conoscono gli effetti metabolici ed immunologi dell’ozono“. Esiste l’ozonoterapia? “Guardi, sono socio di una associazione di ozonoterapia l’AIRO e, per quanto mi riguarda, non penso esista l’ozonoterapia, ma oggi occorre dare un nome a tutto per essere rilevanti. Ci sono medici che conoscono la fisiopatologia umana, la biofisica e la biochimica, sanno visitare i pazienti, sanno richiedere i corretti esami, e leggere le lastre. È importante ascoltare con attenzione i pazienti chiedendo loro quello che serve per stilare una diagnosi che si presume la più corretta possibile, a cui seguono le migliori terapie secondo scienza e coscienza. L’ozono, come sostanza chimica è come qualsiasi altro farmaco, in forma gassosa, è utilizzabile terapeuticamente: conoscendo i diversi effetti alle varie concentrazioni, può essere integrato con altre terapie, al modo da fornire al paziente un trattamento personalizzato e efficace al suo stato di salute somministrabile con numerose modalità che appunto sono ‘insegnate dalle associazioni di ozonoterapia’ “.

QE MAGAZINE 2020 #14

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